Oggi, è stato arrestato a Londra Julian Assange, editor in chief di Wikileaks, condannato per reati sessuali. I capi di stato lo accusano di favorire il terrorismo internazionale. Hacker, intellettuali e una fetta dell’opinione pubblica sono dalla sua parte.
“Per qualsiasi settore è un bene che ci siano le fughe di notizie: fa bene all’intero sistema e soprattutto a chi si comporta correttamente” (Julian Assange)
“Difendetelo” (Naom Chomsky)
Painted by Giulia De Fabritiis
L’asimmetria informativa è una malattia, altamente contagiosa, che da tempo affligge le nostre democrazie, e si espande e incancrenisce rapidamente.
Questo concetto, partorito nell’ambito delle scienze economiche, è facilmente applicabile a qualsiasi altro settore della vita sociale in cui interagiscono diversi soggetti. In sostanza, quando gli agenti hanno in loro possesso una quantità (ma anche una qualità) d’informazioni differenti, i loro rapporti non sono simmetrici, trasparenti. Da qui, al soggetto che ha più informazioni risulterà semplice prevalere sugli altri.
Com’è noto ai più, l’asimmetria informativa riguarda, praticamente da sempre, il rapporto tra cittadini e governo. I leader mondiali condividono con le popolazioni solo alcune notizie, e omettono di divulgarne altre, per i motivi più disparati, ma di certo non unicamente per preservare la famigerata “pubblica sicurezza”.
La storia vuole che, con l’avvento di nuove tecnologie, prima fra tutte internet, alcune di queste notizie “riservate” abbiano preso a trapelare e diffondersi tra i cittadini più curiosi ed impiccioni.
In questo contesto, si sono sviluppate molte reti di persone che, da ogni angolo del mondo, condividono notizie e testimonianze, spesso contribuendo a far luce su fatti che i servizi di stampa ufficiali riportano in maniera parziale, lacunosa, a volte distorta.
Wikileaks è solo uno dei siti che propone un’informazione libera dai limiti imposti dai nostri governanti, e Assange è solo uno dei tanti soggetti che intendono difendere la trasparenza e l’accessibilità delle notizie, ma gli attacchi sferrati a questo sito, e a quest’uomo, rappresentano l’inizio di una guerra dagli esiti imprevedibili.
Ai poteri forti non piace essere monitorati da siti come Wikileaks, così come a molti cittadini non va a genio il fatto di non essere messi al corrente circa i comportamenti e le azioni dei propri rappresentanti.
Chi vincerà questo braccio di ferro? I governi si muoveranno compatti per limitare il libero utilizzo delle notizie e delle fonti presenti in rete, o miliardi di persone riusciranno a far comprendere, ai politici da loro stessi eletti, che il diritto all’informazione è elemento imprescindibile di ogni società democratica?
Lo scalpore che la pubblicazione dei documenti di Wikileaks ha suscitato (oltre che documenti stessi), evidenza che i nostri leader hanno troppi scheletri nell’armadio per governare, ed è per questo che si vuole mettere a tacere il sito ed il suo esponente di spicco. Quelle notizie devono essere di dominio pubblico, perché evidenziano che il sistema delle relazioni internazionali è fragile, e perché aiutano le persone ad interrogarsi sulle proprie scelte elettorali, quindi a modificarle, per premiare i meritevoli e punire gli irresponsabili. Tant’è che Assange non è stato arrestato a causa dei documenti divulgati, e neanche per stupro, come affermano maliziosamente alcune testate, ma per “reati sessuali” (problemi di condom).
Inutili, come sempre, le dichiarazioni di Frattini, secondo cui “l’accerchiamento internazionale ha avuto successo” (Assange si è consegnato spontaneamente), e per il quale le pubblicazioni sono un “crimine grave” (quando non compaiono affatto tra i capi d’accusa della corte). Quelle del ministro degli Esteri, sono parole di un uomo facente capo ad un governo messo in ginocchio dalle rivelazioni contenute nei file e da una legislazione ridicola, per usare un eufemismo, che sta letteralmente “tirando a campare”.
Schierarsi dalla parte di Assange, come hanno fatto molti hackers ed intellettuali come Naom Chomsky, è un dovere per ogni democratico. La politica degli States somiglia molto, riguardo a questa vicenda, a quella di alcuni regimi totalitari. Democrazia vuol dire governo del popolo. Se il popolo non può sapere, non può neanche governare. Se al popolo viene tolto il diritto di sapere, il sistema democratico viene compromesso.
La guerra per l’informazione libera è cominciata. Assange, accolto da applausi e ovazioni all’uscita dal tribunale, e Wikileaks, annunciano nuove pubblicazioni, e rincarano la dose tirando in ballo anche banche e finanza.
Di sicuro, questo è solo l’inizio.
Immagine tratta dai files Wikileaks. Soldati americani torturano un prigioniero.